sabato 5 maggio 2012

Spagna, Grecia e Portogallo

L’attacco al lavoro in atto anche negli altri Paesi Europei

di Fabrizio Ricci  Centopaasi N 1 Maggio 2012 



Hanno tanti aspetti in comune le riforme del lavoro recentemente varate in Spagna, Portogallo e Grecia. Riforme che richiamano, in qualche modo, anche il modello di mercato del lavoro che alcuni vorrebbero proporre in Italia. Lo spiega bene in un approfondimento, pubblicato recentemente nel "taccuino", Ornella Cilona, della Cgil nazionale. Per quanto riguarda la Spagna, il governo di centro destra, guidato da Mariano Rajoy, ha approvato nei primi giorni di febbraio un disegno di legge contro il quale il Paese è sceso in sciopero generale lo scorso 29 marzo. Quattro i punti più importanti della riforma; è introdotta un'unica forma di contratto a tempo indeterminato nelle aziende con meno di 50 addetti, prevedendo, contemporaneamente una totale liberalizzazione dei licenziamenti nelle piccole e medie imprese. E' inoltre introdotto il divieto di assumere un lavoratore per più di due anni a tempo determinato. L'indennità di licenziamento è ridotta da 45 a 33 giorni per ogni anno di lavoro nell'azienda. La riforma prevede, inoltre, che in caso di crisi le imprese possano derogare dagli accordi collettivi di categoria, modificando a proprio piacimento mansioni, orari di lavoro e retribuzioni. Oltre a ciò, i contratti di impresa prevarranno su quelli nazionali o regionali, che alla loro scadenza saranno validi solo per altri due anni.
Le aziende che chiameranno a lavorare un disoccupato di meno di 30 anni riceveranno agevolazioni fiscali per tremila euro, con la possibilità di utilizzare il primo anno il 25% dell'indennità di disoccupazione del giovane per integrare il suo stipendio. Inoltre, le imprese che assumeranno disoccupati potranno usufruire di uno sconto di 3.600 euro l'anno per un triennio sul versamento dei contributi previdenziali se la persona assunta ha meno di 30 anni e di 4.500 se ha oltre 45 anni ed è disoccupato di lunga durata. Il Portogallo, un altro governo di centro destra, guidato da Pedro Passos Coelho, ha siglato con l'associazione industriali e con un sindacato (la Ugt) un accordo per la riforma del mercato del lavoro che l'altro sindacato portoghese (Cgtp) ha definito “un ritorno al feudalesimo”. Per i lavoratori portoghesi vi saranno d'ora in poi tre giorni di ferie annuali in meno. Inoltre, l'indennità di licenziamento è ridotta da venti a dodici giorni per ogni anno di lavoro, mentre l'indennità di disoccupazione sarà corrisposta per un periodo massimo di 18 mesi. Le aziende hanno la facoltà di far lavorare i propri dipendenti fino a un massimo di 150 ore l'anno in più senza retribuzione quando c'è un picco di attività. Contro la riforma nel Paese si sono svolti due scioperi generali, l'ultimo il 23 marzo. In Grecia l'analisi è molto semplice: il nuovo pacchetto di austerity varato dal governo di unità nazionale, guidato da Lucas Papademos, prevede una drastica deregolamentazione del mercato del lavoro e la diminuzione del 20% del salario minimo.





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