sabato 12 gennaio 2013

N°2 - GENNAIO 2013

Questione Giovanile? Questione di futuro!


Di FAB.RI e ALE.RAM  Centopassi N 2 Gennaio 2013
 


 
Quale è la condizione delle ragazze e dei ragazzi ternani? Quali sono le possibili strategie di intervento? Cosa ne pensano i partiti della sinistra



Uno degli obiettivi fondamentali di “Cento Passi”, il periodico dei giovani della Cgil di Terni, è quello di sollecitare un dibattito sulla condizione giovanile, con particolare attenzione alla situazione locale. Per questo abbiamo deciso di organizzare un forum con i responsabili delle politiche giovanili dei partiti di centrosinistra (essendo, crediamo, troppo distante da noi la cultura politica della destra, tutta business, immagine e sicurezza). A questo primo appuntamento del forum (che noi vorremmo trasformare in uno spazio di discussione permanente) hanno partecipato tre forze politiche locali: Sel, Idv e Rifondazione Comunista. Pd e Socialisti, naturalmente invitati a partecipare, non hanno potuto portare il loro contributo, ma si sono detti assolutamente disponibili a rientrare al più presto nel forum.

Ecco una sintesi di questa prima discussione.

 Cento Passi

Abbiamo sentito l'esigenza di organizzare questo forum perché avvertiamo l'assenza di un dibattito adeguato a livello locale (ma anche nazionale) sulla questione giovanile, e perché, come sindacato, ci poniamo il problema di come rappresentare un mondo del lavoro sempre più difficilmente rappresentabile. E poi, il disagio giovanile non è solo legato alla condizione lavorativa, ma è un problema sociale in senso più ampio, ad esempio collegato alla mancanza di spazi, che non siano soltanto luoghi di consumo.

Allora, il punto è questo: le forze politiche che governano a livello locale devono avviare un dibattito. Non pretendiamo ovviamente di avere oggi soluzioni, ma chiediamo che di questo tema si cominci a parlare sul serio.

 

DANIELE OLIVI (Rc)

Credo che nei partiti si parli dei giovani, ma il problema è che lo si fa sempre in maniera abbastanza superficiale. Si dice sempre: diamo spazio ai giovani, ma questa rischia di restare una frase fatta. Certo che è che i dati che avete elencato, ai quali aggiungerei l'ormai immancabile condizione di precarietà dei giovani, ci parlano di una situazione critica. Per questo ritengo che sia necessario fare maggiore ricerca sulla condizione dei lavoratori precari. E questo è senz'altro un compito dei partiti, da portare avanti insieme al sindacato.

 

LUCIANO ZARA (Sel)

Prima di tutto, il fatto che io non sia un giovane testimonia la difficoltà che i partiti incontrano nell'avere una militanza attiva giovanile forte e convinta. Parlando di precarietà, va detto che ormai questo non è un tema esclusivamente giovanile visto che è facilissimo trovare 50enni che sono precari da decenni, pensiamo a mondo scuola. E questo crea quasi un'assuefazione a considerare non solo il posto fisso, ma addirittura la possibilità di arrivare a stabilizzazione in futuro, come un privilegio. Certo, i giovani sono quelli che ne soffrono di più. Una volta c'era differenza di retribuzione tra uomini e donne, oggi si è aggiunta una differenza generazionale.

Contro questo ricatto della precarietà a Terni abbiamo però lanciato un'iniziativa, un comitato ternano di sostegno alla legge popolare sul reddito minimo garantito ed è partita la raccolta firme davanti a ufficio provinciale per il lavoro.

 

LORENZO DI SCHINO (Idv)

In generale i partiti parlano della questione giovanile, ma nel mio partito il dibattito è troppo superficiale. Si guarda esclusivamente la sfera nazionale, quando il problema va invece calato sul territorio. Per questo mi convince l'idea di creare un forum permanente, coinvolgendo tante realtà giovanili, il cui obiettivo sia formulare una proposta per cambiare la realtà attuale.

Io vedo due punti di intervento prioritari: uno sull'istruzione, secondaria e universitaria e l'altro sul mondo del lavoro e sulla precariato, che ormai non è più una condizione individuale, ma una vera e propria classe sociale.

Fondamentale, a mio avviso, è il rilancio della formazione professionale e dell'università, che va portata per lo meno al livello di quelle europee. Non è possibile che i nostri pari stranieri siano sul mercato del lavoro 2-3 anni prima. Dal momento che c'è l’Unione Europea dobbiamo cercare di partire tutti quanti dallo stesso punto di partenza.

 

Cento Passi

A Terni l'occupazione giovanile (25-35) è ferma al 63% contro il 78% di Perugia. Ci sono meno opportunità di lavoro e la retribuzione media di un giovane è di 400 euro inferiore rispetto a un over 35. Siamo un territorio che chiude Ingegneria dei materiali, che chiude metallurgia, mentre si continuano a sfornare corsi per parrucchiera. Quali sono le vostre idee rispetto a questa emergenza occupazionale?

 

DANIELE OLIVI (Rc)

A Terni come in Umbria le politiche nazionali hanno impoverito regione, province e comuni. Ma io credo che andrebbe fatto uno sforzo per finanziare progetti di inserimento lavorativo. Con una regola precisa però: che alla fine del periodo di prova le aziende debbano assumere il lavoratore.

 

LUCIANO ZARA (Sel)

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che una serie di risposte non possono più venire nemmeno dal livello nazionale, ma serve un livello almeno europeo. C'è però qualcosa che si può fare anche a livello locale. Ad esempio la Regione Puglia, che nell'ultimo anno ha avuto il miglior risultato sul tasso di occupati, ha messo in campo una serie di azioni sull'imprenditoria giovanile, con incentivi per studiare all'estero e poi ritornare in Puglia, utilizzando risorse europee. E' un esempio che andrebbe studiato. E poi occorre ripensare come si utilizzano le risorse sulla formazione.

 

LORENZO DI SCHINO (Idv)

Il parallelo occupazionale con Perugia ha un spiegazione semplice: negli ultimi anni Terni ha risentito del crollo dell'attività industriale italiana. Per Terni, credo che una possibilità di rilancio stia in un forte investimento sulla green economy, mettendo a sistema le realtà imprenditoriali che negli ultimi anni si sono fatte avanti, con l'universitarie, per creare un polo di alta ricerca e formazione. Ma per far questo, devono sedersi allo stesso tavolo imprese, università, istituzioni locali e politica.

 

Cento Passi

Esiste a Terni un problema di mancanza di spazi per i giovani? E se sì cosa possono fare di più gli enti locali?

 

DANIELE OLIVI (Rc)

Intanto, in questi tempi di crisi, economica, politica e culturale, è difficile stimolare la partecipazione. A Terni alcuni posti ci sono sempre stati, anche se forse a volte un po' chiusi in se stessi e un po' uno contro l'altro. E' anche vero che in certi casi la giunta comunale non ha aiutato con le sue ordinanze. Quello che serve è proprio un'assemblea permanente che metta associazioni, partiti e soggetti sociali a collaborare, mettendo da parte i pregiudizi. Naturalmente, dai piani alti deve arrivare un aiuto, a partire da chi sta nelle istituzioni. Capisco che mancano le risorse, ma luoghi così servono.

 

LUCIANO ZARA (Sel)

Non essendo un giovane qui ho più difficoltà, comunque, la discussione sulla mancanza di spazi c'è sempre stata, anche se a un livello generico. Non credo che la qualità della vita a Terni sia peggiore rispetto ad altre città, come Perugia o Orvieto. La socializzazione c'è, anche se magari avviene in luoghi del consumo. Però questo garantisce anche sicurezza. Poi, non c'è solo un problema di offerta, ma anche di domanda. Per esempio, una struttura come la sala prove “PanPot”, che è chiusa da alcuni anni, non mi sembra aver suscitato una reazione particolare tra i giovani ternani. Allora forse il problema è prima di tutto capire meglio la domanda: quali sono questi spazi che mancano??

Detto questo, concordo sul fatto che le amministrazioni comunali e purtroppo anche quella di Terni non possono pensare di andare avanti a suon di ordinanze, che alla fine diventano anche ridicole visto che poi non ci sono le forze per farle rispettare. Non si governa con divieti su tutto. Bisogna avere relazioni con i cittadini e soprattutto con giovani. Visto che le circoscrizioni stanno per scomparire bisogna inventarci una nuova forma di partecipazione.

 

LORENZO DI SCHINO (Idv)

Io non credo che possono essere i partiti ad incentivare l'aggregazione sociale tra i giovani. I giovani oggi sono un soggetto lontano dalla politica, non solo a Terni, ma in tutta Italia. Ed è vero che si tende a preferire l'aggregazione in luoghi di consumo, come pub o bar. Poi però, quando si è provato a sviluppare iniziative diverse, il Comune ha risposto con le ordinanze, finalizzate a mettere nell'angolo realtà che favorivano aggregazione diversa da pub o discoteca. E sottolineo che le responsabilità sono dell'attuale maggioranza, della quale facciamo tutti parte. Questo è il nodo su cui i partiti potrebbero entrare in gioco: non tanto organizzando loro momenti di aggregazione, ma cercando di colmare lacune politiche e riparare a danni fatti.

 

Cento Passi

Un'ultima risposta secca: le vostre tre priorità di politiche giovanili.

 

DANIELE OLIVI (Rc): Bandi che favoriscano l'occupazione giovanile e il lavoro nel sociale; stimolo alla ricerca su attività che producano ricchezza e non solo servizi; aiuto alle giovani coppie, su case popolari e riqualificazione dei quartieri e stop alla svendita di aree pubbliche per pochi soldi.

LUCIANO ZARA (Sel): Bandi specifici per l'imprenditoria giovanile; nuovi momenti di coinvolgimento e partecipazione del mondo giovanile; politiche abitative pubbliche con il  recupero di abitazioni nel centro per giovani coppie.

LORENZO DI SCHINO (Idv): Scambi culturali internazionali per ragazzi fino ai 22, 23 anni organizzati da scuole e università (l'Ue mette a disposizione fondi per questo); istruzione di un bando comunale per finanziare attività giovanili ludiche, artistiche o scientifiche; costituzione di una struttura che si occupi di dare indirizzo ad attività lavorativa o formativa per trovare lavoro o migliorare la propria posizione occupazionale.

venerdì 11 gennaio 2013

14 Novembre: Terni al centro dello sciopero Europeo

Di Laura Ricci Centopassi N 2 Gennaio 2013


Sarà un autunno caldo per le lavoratrici e i lavoratori italiani: la CGIL ha infatti organizzato una serie di mobilitazioni per protestare contro la spending review e per ribadire la necessità di cambiare una politica economica che smantella lo stato sociale anziché ridurre gli sprechi. La revisione della spesa pubblica è uno dei pilastri dell’attività del governo tecnico, che vorrebbe stimolare la produttività e la competitività del Paese applicando tagli ai servizi pubblici con pesanti ripercussioni su welfare, sanità e istruzione, tanto per citarne qualcuno.

Siamo partiti il 28 settembre con lo sciopero del pubblico impiego indetto per l’intera giornata: gli statali hanno protestato contro i tagli imposti dal governo senza un reale confronto con le organizzazioni sindacali, e contro una politica economica che, invece di difendere il lavoro, continua a precarizzare e impoverire. Lo sciopero ha coinvolto anche la scuola il 12 ottobre, quando studenti e insegnanti si sono uniti per chiedere più risorse, più occupazione, stipendi adeguati e stabilità dei contratti, perché la crescita del Paese non può non tener conto del ruolo fondamentale giocato da istruzione, ricerca e cultura.  Stesse ragioni alla base dello sciopero dei trasporti previsto per l’intera giornata del 16 novembre: i lavoratori del settore chiedono il rinnovo del CCNL scaduto nel 2007, e protestano contro la riduzione dei servizi offerti al cittadino a fronte dell’aumento delle tariffe dei biglietti, proprio in un momento in cui il prezzo della benzina produce una maggiore domanda di trasporto pubblico.

Un Paese non può sperare di ripartire solo sulla base di tagli, per incrementare l’economia c’è bisogno di lavoro stabile e salari adeguati, di certezze per i milioni di giovani precari o disoccupati, di pensioni che non siano al limite della sopravvivenza. “I soldi si vanno a prendere dove ci sono” ha suggerito Susanna Camusso in una recente intervista “[...] dove ci sono i patrimoni, la corruzione, il sommerso.”.

Se non arriveranno risposte dal governo, la CGIL è pronta ad intensificare la mobilitazione fino allo sciopero generale, per ribadire la sua contrarietà ad una manovra che non sembra tener conto delle necessità degli italiani, lavoratori e non.

Sanità: riforma si, ma con partecipazione

di Maria Rita Paggio Centopassi N 2 Gennaio 2013


“Cambia la sanità in Umbria: la posizione della Cgil”

Abbiamo accolto positivamente la proposta di riordino degli assetti istituzionali del sistema sanitario avanzata dalla Giunta Regionale, che prevede la permanenza di due ASL e di 2 Aziende Ospedaliere, anche se è evidente che risparmi significativi non possono derivare da questa scelta, che invece deve essere attentamente attuata per garantire una omogenea accessibilità ai servizi per le Asl e un chiaro assetto della governance per le aziende Ospedaliere in particolare nel rapporto con l’Università.

Pur condividendo la necessità di superare doppioni, di semplificare, selezionare merito e qualità abbiamo espresso alcune osservazioni che riguardano:

i risparmi previsti, che appaiono sovrastimati e troppo sbilanciati sulla contrazione della spesa per il personale con la conseguente possibile compromissione dei servizi;

la necessità di puntare in maniera più decisa sulla medicina territoriale in particolare con l’attivazione, non solo sperimentale, delle Case della Salute;

incentivare il recupero di risorse dalla mobilità passiva di pazienti verso altre regioni;

l’appropriatezza della spesa, in particolare per l’acquisizione di beni e servizi.

Abbiamo chiesto inoltre di garantire una reale partecipazione dei lavoratori quali soggetti attivi in un processo di cambiamento così articolato e difficile; in questo senso un primo risultato importante è stato la sottoscrizione di un Verbale di Accordo con la Regione sulle relazioni sindacali.

La salute dei cittadini e dei lavoratori è per la Cgil un diritto fondamentale per il quale si è battuta costantemente nel passato e per il quale intende mantenere un impegno attento e costante in questo momento di profonda crisi economica, in nome della quale si rischia di perdere o vedere compromesso quanto garantito dall’art. 32 della costituzione.

L'Europa siamo noi: studenti e studentesse alzano la voce

Di Lucia Marinelli Centopassi N 2 Gennaio 2013

“Ce lo chiede l'Europa” con questa frase le ultime due legislazioni hanno giustificato ogni nuovo provvedimento economico con i suoi conseguenti sacrifici; ed è con questo stesso motto che venerdì dodici ottobre i ragazzi e le ragazze della Rete degli Studenti Medi di Terni, aderendo alla manifestazione nazionale studentesca delle scuole superiori, sono scesi in piazza rivendicando il proprio diritto allo studio.

La partecipazione non numerosissima nella nostra provincia a causa delle piogge torrenziali di quel giorno, non deve distogliere l'attenzione dalle gravi questioni che hanno portato ad un simile evento.
I ragazzi e le ragazze presenti erano lì per accendere i riflettori su temi come il costo dello studio, l'appiattimento delle Offerte formative e del sistema Istruzione in generale, dimostrando il loro dissenso verso il DDL 953 (legge Aprea) in discussione al Parlamento e chiedevano un adeguamento degli investimenti sull'Istruzione agli standard europei.
 
Perché  l'Europa sono le studentesse e gli studenti di oggi e non si può pretendere di superare una crisi economica grave come quella che stiamo vivendo senza puntare all'istruzione come motore principale per una lenta ma sicura rinascita.
 
Non è , però, consegnando la scuola in mano ai privati, (come tenta di fare il decreto di legge Aprea)  o facendo spendere in media ogni anno alle famiglie fra i 1500 ed i 3000 euro per ciascun figlio, che l'istruzione pubblica italiana - uno dei sistemi più sotto finanziati d’Europa, al penultimo posto nella classifica degli investimenti in cultura e sapere dei Paesi industrializzati -  migliorerà.
È opportuno quindi che l'attuale governo si renda conto del potenziale che gli studenti rappresentano per garantire un futuro all'Italia in ogni campo, economico, sociale e politico ed è fondamentale che questi partecipino attivamente al cambiamento anche iniziando con la sola rappresentanza studentesca. 

Risveglio Giovanile? Noi ci proviamo.....

di Francesco Scaccetti  Centopassi N 2 Gennaio 2013

Terni: la seconda città più importante della Regione, con circa dieci Scuole secondarie di II grado, diverse migliaia di studenti solo all'interno del Comune, molte problematiche nella maggior parte degli Istituti e nessun tipo di associazione che si adoperi sul territorio per migliorare la situazione studentesca. Purtroppo il nostro capoluogo sembra essere quasi morto dal punto di vista giovanile, gli studenti che lo abitano non hanno molte occasioni per confrontarsi intellettualmente e culturalmente al di fuori della scuola, ma soprattutto non ne sentono il bisogno.
 
Anche le occasioni ludiche ed aggregative sono pressoché assenti, gli eventi artistici non sono sufficienti o sufficientemente coinvolgenti per i giovani, i quali, nella maggior parte dei casi, si interessano solamente ad argomenti e cose superficiali. Questo tipo di ambiente sociale non fa che trascinare sempre più la nostra comunità in un baratro di noia e “contro sviluppo” culturale, sminuendo le capacità del territorio ternano.
 
Tali osservazioni sono date dall'esperienza di un diciassettenne liceale come me, che vive in prima linea la situazione in questione e che in questo clima di crisi, non solo economica, non è l'unico che, nonostante tutto, vuole portare una ventata di speranza tra la gioventù ternana. E' da qualche mese, infatti, che diversi ragazzi hanno condiviso un importante progetto, ossia la nascita di una o più organizzazioni studentesche attive e coscienti della situazione politica attuale. Le associazioni che vogliamo fondare sono due: Fuori dal Coro e la Rete degli Studenti Medi di Terni.
 
La prima mira ad avere degli obbiettivi prevalentemente culturali e formativi, interessando i giovani ad argomenti di attualità attraverso incontri con professori di Scuole Superiori od Universitari; la seconda è un Sindacato Studentesco con orientamento politico di sinistra che farà maggiormente riferimento alla CGIL e che sarà confederato alla Rete degli Studenti Medi, la quale agisce a livello nazionale con molte basi in tutto il Paese. Entrambe le associazioni non tenderanno ad avere alcun tipo di legame partitico.
 
Per quanto riguarda la Rete, posso portare personalmente l'esperienza fatta in un campeggio organizzato dal Sindacato Studentesco, dove si sono ritrovati i membri dell'Associazione da tutta Italia e dove ho avuto l'occasione di fare molta formazione, capire cosa sia realmente questo Sindacato ed incontrare grandi personalità come il ministro Profumo, la Segretaria Generale della CGIL Susanna Camusso, o il magistrato Antonio Ingroia e tante altre;  una vacanza decisamente formativa, sia dal punto di vista culturale che personale ma anche molto divertente e spensierata, grazie alla quale ho capito che cambiare è possibile, sta solo a noi, nuove generazioni, la volontà e l’interesse di farlo. Noi ci stiamo mettendo a lavoro e contiamo di collaborare con il maggior numero possibile di studenti ternani.

  
Per maggiori informazioni scrivete a:mailto:retedeglistudentiterni@live.it

La Rubrica del Precario

di Valeria Masiello  Centopassi N 2 Gennaio 2013



Associazione in Partecipazione: l’attività imprenditoriale diventa lavoro subordinato senza diritti e tutele

Secondo i riferimenti normativi l’Associazione in Partecipazione prevede che un imprenditore (associante) possa attribuire ad una parte, detto “associato”, il diritto ad una partecipazione agli utili della sua azienda in cambio di un corrispettivo da parte dell’associato in termini di apporto di capitale o attività lavorativa. In questi termini, tale tipologia contrattuale viene definita come un rapporto tra due soci di un’attività, dove utili e perdite vengono suddivisi. Tuttavia, l’Associazione in Partecipazione viene utilizzato soprattutto per impiegare lavoratori a tutti gli effetti subordinati, soprattutto nel settore del commercio e del turismo. L’associato in partecipazione non è un dipendente in quanto non è subordinato al datore di lavoro, non ha diritto ad una retribuzione minima, non ha nessuna garanzia e tutela prevista dal Contratto Collettivo Nazionale. E’ evidente che le aziende utilizzino questo istituto per avere manodopera a costo zero togliendo al lavoratore qualsiasi tipo di diritto. Per questo motivo dal novembre 2011, NIdiL CGIL e Filcams CGIL hanno organizzato la campagna “Dissòciati!” finalizzata a contrastare l’abuso del contratto di Associazione in Partecipazione nel commercio e nei servizi, dando anche la possibilità di segnalare in forma anonima le aziende che abusano del contratto sul sito www.dissociati.it. Secondo la Cgil è necessario scardinare un istituto riconosciuto da tutte le rappresentanze sociali come particolarmente a rischio di un utilizzo improprio ed elusivo. Infatti, durante le trattative con il Governo relative alla Riforma del Mercato del Lavoro, le forze sociali hanno richiesto di preservare l’utilizzo di questa tipologia contrattuale solo in caso di associazioni tra familiari entro il 1° grado o coniugi. Invece, il 27 giugno il Parlamento ha definitivamente approvato la legge 92/12 nella quale si legge: “il numero degli associati non può essere superiore a tre, con l'unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all'associante da un rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado e di affinità entro il secondo”, salvaguardando pertanto proprio i soggetti che hanno utilizzato il contratto in modo abusivo, ovvero catene commerciali e turistiche in franchising come la campagna "Dissòciati" ha confermato. Gli effetti immediati della Riforma sono stati una serie di licenziamenti, a dimostrazione della inefficacia nel contrasto agli abusi e della mancanza di consapevolezza da parte del Governo rispetto ad una condizione preoccupante e difficile per tanti lavoratori.
                                                                                              
Per maggiori informazioni contattare l’ufficio NIdiL CGIL allo 0744/496216 o scrivere a: terni@nidil.cgil.it

Liberalizzazioni degli orari commerciali, ma a vantaggio di chi?

di Ilaria Todaro Centopassi N 2 Gennaio 2013

  Il governo Monti ha presentato, all'interno del decreto cosiddetto "salva-Italia", anche una norma riguardante la liberalizzazione degli orari commerciali . Non più una limitazione alle sole città d'arte ma la possibilità per negozi e ipermercati di aprire 24 ore al giorno, la domenica e i giorni festivi, come Natale e Pasqua. Assieme a questa norma, chiara e netta, si delinea anche il superamento dei vincoli in materia di insediamenti commerciali, considerati contrari alla libera concorrenza".

L'applicazione nelle città di questo pezzo del decreto potrebbe voler dire l’apertura di un elevato numero di grandi strutture commerciali . L'autore di questa normativa è l'ex garante alla concorrenza Catricalà, ora sottosegretario, "noto per la grande disponibilità dimostrata nella sua precedente attività verso la potente associazione della grande distribuzione privata Federdistribuzione

Proprio Federdistribuzione pare aver scritto alcune parti della manovra Monti riguardo al commercio di farmaci, di carburanti e quelle citate sul commercio al dettaglio, identiche alle richieste avanzate negli ultimi mesi dall’associazione. Federdistribuzione è riuscita negli anni, anche finanziando soggetti vicini all'Università Bocconi (Cermes), a suscitare un grande interesse rispetto alla propria piattaforma di liberalizzazioni.

Liberalizzazioni che innegabilmente porteranno maggiori utili a quelle imprese ma che danneggiano l'occupazione, i consumatori, i cittadini, la qualità della vita di milioni di persone.
Danneggeranno l'occupazione perché chiuderanno migliaia di imprese piccole e grandi, che non potranno reggere la concorrenza, e le nuove assunzioni non compenseranno che in minima parte i posti di lavoro persi. Crescerà la precarietà, già oggi a livelli intollerabili".
Non solo."i consumi non aumenteranno, con l'estensione degli orari, ma si sposteranno dal commercio “debole” a quello “forte”.

Danneggeranno i consumatori, perché quelle chiusure si concentreranno nel residuo commercio nei quartieri, nel commercio di vicinato, a favore dei grandi centri periferici. E gli anziani? E le persone con problemi di mobilità? E chi non ha l'auto? E chi non ha una mezza giornata per fare la spesa?
Danneggeranno i cittadini, perché nelle aree dove scompare il commercio cresce il disagio sociale, appare la malavita. In particolare si annuncia un autentico disastro per i centri storici, con l'accentuazione del fenomeno della desertificazione commerciale". 

 E infine, "danneggeranno i lavoratori, o meglio le lavoratrici, che sono la stragrande maggioranza degli occupati nel commercio . Già oggi il netto peggioramento delle condizioni di lavoro è sotto gli occhi di tutti. Domani la crescita del lavoro notturno, domenicale e festivo, aprirà una frattura tra le lavoratrici e le proprie famiglie, farà crescere il disagio a tutti i livelli. Ecco perchè contro la falsa liberalizzazione del commercio debbono attivarsi tutti: gli enti locali, le forze politiche, i lavoratori e i cittadini".