
Siamo
partiti il 28 settembre con lo sciopero del pubblico impiego indetto per
l’intera giornata: gli statali hanno protestato contro i tagli imposti dal
governo senza un reale confronto con le organizzazioni sindacali, e contro una
politica economica che, invece di difendere il lavoro, continua a precarizzare
e impoverire. Lo sciopero ha coinvolto anche la scuola il 12 ottobre, quando
studenti e insegnanti si sono uniti per chiedere più risorse, più occupazione,
stipendi adeguati e stabilità dei contratti, perché la crescita del Paese non
può non tener conto del ruolo fondamentale giocato da istruzione, ricerca e
cultura. Stesse ragioni alla base dello
sciopero dei trasporti previsto per l’intera giornata del 16 novembre: i
lavoratori del settore chiedono il rinnovo del CCNL scaduto nel 2007, e
protestano contro la riduzione dei servizi offerti al cittadino a fronte
dell’aumento delle tariffe dei biglietti, proprio in un momento in cui il
prezzo della benzina produce una maggiore domanda di trasporto pubblico.
Un
Paese non può sperare di ripartire solo sulla base di tagli, per incrementare
l’economia c’è bisogno di lavoro stabile e salari adeguati, di certezze per i
milioni di giovani precari o disoccupati, di pensioni che non siano al limite
della sopravvivenza. “I soldi si vanno a prendere dove ci sono” ha suggerito
Susanna Camusso in una recente intervista “[...] dove ci sono i patrimoni, la
corruzione, il sommerso.”.
Se
non arriveranno risposte dal governo, la CGIL è pronta ad intensificare la
mobilitazione fino allo sciopero generale, per ribadire la sua contrarietà ad
una manovra che non sembra tener conto delle necessità degli italiani,
lavoratori e non.
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