Associazione in Partecipazione:
l’attività imprenditoriale diventa lavoro subordinato senza diritti e tutele
Secondo
i riferimenti normativi l’Associazione in Partecipazione prevede che un
imprenditore (associante) possa attribuire ad una parte, detto “associato”, il
diritto ad una partecipazione agli utili della sua azienda in cambio di un
corrispettivo da parte dell’associato in termini di apporto di capitale o
attività lavorativa. In questi termini, tale tipologia contrattuale viene
definita come un rapporto tra due soci di un’attività, dove utili e perdite
vengono suddivisi. Tuttavia, l’Associazione in Partecipazione viene utilizzato
soprattutto per impiegare lavoratori a tutti gli effetti subordinati,
soprattutto nel settore del commercio e del turismo. L’associato in
partecipazione non è un dipendente in quanto non è subordinato al datore di
lavoro, non ha diritto ad una retribuzione minima, non ha nessuna garanzia e
tutela prevista dal Contratto Collettivo Nazionale. E’ evidente che le aziende
utilizzino questo istituto per avere manodopera a costo zero togliendo al
lavoratore qualsiasi tipo di diritto. Per questo motivo dal novembre 2011,
NIdiL CGIL e Filcams CGIL hanno organizzato la campagna “Dissòciati!” finalizzata
a contrastare l’abuso del contratto di Associazione in Partecipazione nel
commercio e nei servizi, dando anche la possibilità di segnalare in forma
anonima le aziende che abusano del contratto sul sito www.dissociati.it.
Secondo la Cgil è necessario scardinare un istituto riconosciuto da tutte le
rappresentanze sociali come particolarmente a rischio di un utilizzo improprio
ed elusivo. Infatti, durante le trattative con il Governo relative alla Riforma
del Mercato del Lavoro, le forze sociali hanno richiesto di preservare l’utilizzo di questa tipologia contrattuale solo
in caso di associazioni tra familiari entro il 1° grado o coniugi. Invece, il
27 giugno il Parlamento ha definitivamente approvato la legge 92/12 nella quale
si legge: “il numero degli associati non può essere superiore a tre, con
l'unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all'associante da
un rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado e di affinità entro il
secondo”, salvaguardando pertanto proprio i soggetti che hanno utilizzato il
contratto in modo abusivo, ovvero catene commerciali e turistiche in
franchising come la campagna "Dissòciati" ha confermato. Gli effetti
immediati della Riforma sono stati una serie di licenziamenti, a dimostrazione
della inefficacia nel contrasto agli abusi e della mancanza di consapevolezza da
parte del Governo rispetto ad una condizione preoccupante e difficile per tanti
lavoratori.
Per maggiori informazioni contattare l’ufficio NIdiL CGIL allo
0744/496216 o scrivere a: terni@nidil.cgil.it
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