venerdì 11 gennaio 2013

La Rubrica del Precario

di Valeria Masiello  Centopassi N 2 Gennaio 2013



Associazione in Partecipazione: l’attività imprenditoriale diventa lavoro subordinato senza diritti e tutele

Secondo i riferimenti normativi l’Associazione in Partecipazione prevede che un imprenditore (associante) possa attribuire ad una parte, detto “associato”, il diritto ad una partecipazione agli utili della sua azienda in cambio di un corrispettivo da parte dell’associato in termini di apporto di capitale o attività lavorativa. In questi termini, tale tipologia contrattuale viene definita come un rapporto tra due soci di un’attività, dove utili e perdite vengono suddivisi. Tuttavia, l’Associazione in Partecipazione viene utilizzato soprattutto per impiegare lavoratori a tutti gli effetti subordinati, soprattutto nel settore del commercio e del turismo. L’associato in partecipazione non è un dipendente in quanto non è subordinato al datore di lavoro, non ha diritto ad una retribuzione minima, non ha nessuna garanzia e tutela prevista dal Contratto Collettivo Nazionale. E’ evidente che le aziende utilizzino questo istituto per avere manodopera a costo zero togliendo al lavoratore qualsiasi tipo di diritto. Per questo motivo dal novembre 2011, NIdiL CGIL e Filcams CGIL hanno organizzato la campagna “Dissòciati!” finalizzata a contrastare l’abuso del contratto di Associazione in Partecipazione nel commercio e nei servizi, dando anche la possibilità di segnalare in forma anonima le aziende che abusano del contratto sul sito www.dissociati.it. Secondo la Cgil è necessario scardinare un istituto riconosciuto da tutte le rappresentanze sociali come particolarmente a rischio di un utilizzo improprio ed elusivo. Infatti, durante le trattative con il Governo relative alla Riforma del Mercato del Lavoro, le forze sociali hanno richiesto di preservare l’utilizzo di questa tipologia contrattuale solo in caso di associazioni tra familiari entro il 1° grado o coniugi. Invece, il 27 giugno il Parlamento ha definitivamente approvato la legge 92/12 nella quale si legge: “il numero degli associati non può essere superiore a tre, con l'unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all'associante da un rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado e di affinità entro il secondo”, salvaguardando pertanto proprio i soggetti che hanno utilizzato il contratto in modo abusivo, ovvero catene commerciali e turistiche in franchising come la campagna "Dissòciati" ha confermato. Gli effetti immediati della Riforma sono stati una serie di licenziamenti, a dimostrazione della inefficacia nel contrasto agli abusi e della mancanza di consapevolezza da parte del Governo rispetto ad una condizione preoccupante e difficile per tanti lavoratori.
                                                                                              
Per maggiori informazioni contattare l’ufficio NIdiL CGIL allo 0744/496216 o scrivere a: terni@nidil.cgil.it

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